Quanto costa un social media manager?

Quanto costa un social media manager?

Nel 2021, dopo un anno caratterizzato da un evento che ci ha obbligati a stare a casa e ad abbassare le serrande dei nostri negozi, abbiamo davvero capito la potenza di Internet e dei social media. Oggi le persone hanno la consapevolezza che in tasca hanno uno strumento incredibile (lo smartphone) grazie al quale possono prenotare un tavolo, acquistare un paio di scarpe e guardare gli orari di apertura del parrucchiere. Non essere online significa non esistere nel mondo dei nostri potenziali clienti.

All’inizio di questa situazione di emergenza ci siamo riversati sui social, persone e aziende. E proprio le aziende oggi hanno necessità di continuare quel lavoro di comunicazione iniziato in pandemia e di portarlo avanti.

Dopo mesi di fai da te puoi aver sentito l’esigenza di delegare a qualcuno questo lavoro in modo da sollevarti da questo compito ma anche per sfruttare al meglio i social network, per renderli dei veri e propri strumenti capaci di far crescere la tua attività. La domanda che ti sarà balenata sarà certamente: quanto costa un social media manager? Se non hai certezza di che cosa faccia realmente questa figura professione puoi leggere questo articolo che spiega chi è e che cosa fa un social media manager.

Quanto costa un social media manager?

Premetto (soprattutto se alla lettura ci sono dei colleghi o degli aspiranti tali) che il testo che segue è relativo al mio modo di vedere la professione e le attività che svolge un social media manager. Mi baso ovviamente su quella che è la mia esperienza personale e professionale dopo sei anni di libera professione, preventivi, clienti, porte in faccia, lavori sottopagati e lavori soddisfacenti sotto tutti i punti di vista. Non sono cifre universalmente riconosciute (non esiste un albo) e in base a chi si contatta, al tipo di lavoro e di azienda le cifre possono variare e non di poco.

Il mio lavoro ha un costo che non è paragonabile al «con 100 € me lo fa mio cugino che è bravo con il computer». Fare social media marketing non è alzarsi la mattina, mettere una felpa troppo grande, inforcare gli occhiali, andare su Instagram e decidere in base alla meteo cosa pubblicare. Serve strategia, analisi, ascolto del mercato, capacità di capire (e di anticipare) le reazioni del pubblico e la capacità di cambiare rotta quando la strategia non porta verso gli obiettivi desiderati. Obiettivi che sono reali, non legati solo al numero di follower, con quelli, fidati, non ci paghi le bollette. Un social media manager deve generare risultati che si devono tradurre in fatturato per l’azienda. 

In media il mio costo orario si aggira sui 70 € lordi ad oggi che sono ancora in regime forfettario e ho una tassazione inferiore rispetto alla normale partita Iva. Dentro questi 70 € c’è il valore che ho dato al mio tempo. Oltre quello c’è la mia formazione passata ma anche quella che continuo a fare per dare ai miei clienti il miglior lavoro che mi è possibile con centinaia di Euro che ogni anno investo in consulenze e corsi di professionisti italiani e internazionali. 

In media un preventivo di sola gestione parte dai 300/350 € al mese in su. Si parla di una cifra che varia a seconda della quantità di canali da gestire, se il materiale visual (foto, video, grafiche) è fornito oppure no, se ci sono live da seguire, dalle dimensioni dell’azienda e altre variabili. La strategia non è un optional ed è quella cosa che distingue un professionista serio da un postatore di contenuti. Questa fase è preliminare a qualsiasi azione sui social e ha un costo. 

Diffida da chi vende pacchetti social

La comunicazione (online e offline) non può essere valutata un tanto al chilo. Ogni azienda è unica e così dovrebbe essere la sua comunicazione. Pretendi che chi lavora per te e per il tuo brand pensi a un progetto fatto ad hoc per te e le tue esigenze. Non esiste un’azienda uguale ad un’altra; non può quindi esistere una strategia copiata in incollata su brand diversi. E, soprattutto, non esiste un lavoro sulla comunicazione senza una strategia chiara su dove vogliamo arrivare e come. Tutto questo ha un prezzo, un valore. Facciamo un esempio: cosa contraddistingue un mobile Ikea da un mobile creato da un artigiano? Il mobile Ikea è uguale per tutti, non ha niente di personale e non si adatta alla tua casa. Il mobile dell’artigiano è un pezzo unico, è fatto su misura e si adatta perfettamente ai tuoi spazi.

La pubblicità fa parte del preventivo?

Nì. Oltre a quanto costa un social media manager, il costo della pubblicità su Facebook e gli altri social è un calcolo che io faccio a parte e che non includo mai nel preventivo; l’investimento pubblicitario sulle diverse piattaforme varia a seconda dell’azienda, della capacità di investimento, degli obiettivi e dal tipo di contenuti che penso di creare. Calcolo sempre però un forfait per la sponsorizzazione mensile dei post, indispensabile visti i continui cambiamenti di algoritmo che rendono i social sempre più a pagamento per le aziende, ma per delle vere e proprie campagne più strutturate faccio uno studio (e un preventivo) a parte.

Per quanto tempo lavora un social media manager?

I contratti che solitamente stipulo con i miei clienti sono pensati in un arco temporale di un anno circa, ma mai inferiore a sei mesi. Questo è il tempo che, a mio avviso, serve per iniziare a vedere i risultati di una strategia di comunicazione e dell’investimento fatto. Per quanto riguarda gli eventi invece il discorso cambia, sia per le tempistiche del contratto che per il compenso.

Quelle che ho esplicitato prima sono cifre per piccole aziende. Chiaro che più l’azienda è grande e più il costo di un social media manager dovrà essere commisurato a seconda del lavoro che dovrà svolgere: per esempio se viene richiesta una presenza online e anche live, maggiore sarà il suo impegno a livello di tempo e di investimento da parte del brand. Il costo per una piccola realtà che vende prodotti fatti a mano non è lo stesso per la comunicazione politica, un ristorante stellato o un evento internazionale.

“Se non posso permettermi un social media manager?”

Mi rendo conto che investire 500, 600 € o anche di più su una persona esterna che gestisca la comunicazione può non essere una cosa fattibile per tutti i business, soprattutto i più piccoli. Piuttosto che andare alla ricerca di qualcuno che con 1/6 di quella cifra promette di fare lo stesso lavoro (e fidati, sono soldi buttati via), acquistare dei corsi di formazione e delle consulenze per te e/o per i tuoi collaboratori può essere un ottimo investimento. Soprattutto i percorsi di consulenza che comprendono delle ore di formazione posso essere la chiave di volta per il successo sui social perché è un incontro 1:1 con il professionista che preparerà materiale su misura per le tue esigenze. Le mie consulenze, per esempio, si svolgono in questo modo: faccio un quadro generale della situazione, creo un percorso che possa aiutarti a superare le difficoltà e far crescere la tua attività grazie al web e ti sto accanto per aiutarti a non andare fuori strada. Se vuoi approfondire qui trovi informazioni più dettagliate.

Alla fine di questo post spero di aver chiarito alcuni dubbi sui costi che puoi affrontare affidandoti a un social media manager. Ma ricorda: è un investimento, non un costo. E mi raccomando, non sottopagare nessuno: io, come i miei colleghi, con il lavoro ci dobbiamo pagare l’affitto e le spese. Proprio come te.

Sei un social meda manager che sta iniziando a muovere i primi passi nella professione o hai già alcuni clienti ma non sai come muoverti per rendere il tuo lavoro più organizzato e snello? Scopri il Manuale del social media manager. Un e-book per social media manager che vogliono capire come svolgere la professione in pratica e come muoversi tra preventivi, progetti e clienti. Tutte le risposte che hai sempre cercato sul lavoro come smm in un unico posto. Acquistalo qui.

Fan e clienti non sono la stessa cosa

Fan e clienti non sono la stessa cosa

Meglio avere tanti like e fan o riuscire tramite il lavoro sui social ad avere clienti e quindi bonifici? Non so tu, ma io preferisco la seconda opzione. Che poi ci ho provato ad andare al supermercato a fare la spesa e scambiare i mi piace con un litro di latte, ma mi hanno detto di no che servono i soldi, quelli veri. Ma davvero questi numeri non contano, oppure hanno una loro valenza?

Sono solo vanity metrics

Qualche settimana fa ho pubblicato questo su Instagram.

Da questo post sono scaturite un paio di conversazioni interessanti con due colleghe su come i clienti, soprattutto quando si tratta di freelance e di piccole realtà, siano letteralmente ossessionati dai like, dalle interazioni, dai fan. Questi numeri fanno parte della categoria delle vanity metrics, letteralmente metriche della vanità, ovvero numeri che ci fanno sentire realizzati e soddisfatti, ma che nulla hanno a che vedere con il raggiungimento degli obiettivi di business.

Pensaci. Possiamo davvero fissare come obiettivo di business il raggiungimento di 50 mila follower su Instagram? Quale ritorno sull’investimento ci dà? Avere tanti fan equivale ad avere un negozio dove moltissime persone fanno un giro. Ma se poi non acquistano, che vantaggio ne hai? Davvero vuoi un esercito di persone che dicono “sto solo dando un’occhiata” o vuoi che aprano il portafogli?

La riprova sociale

Non possiamo però non tener conto di questi numeri. Ignorarli completamente sarebbe da persone miopi. Sono un modo per vedere se i contenuti che pubblichiamo piacciono oppure no, ma poi dobbiamo confrontarli con le effettive vendite, generazione di contatti o qualsiasi altro vero obiettivo che ci siamo dati.

Aumentare il numero di follower e la copertura che hanno i nostri post ha chiaramente un senso: amplifica il nostro pubblico e quindi la platea di persone che ascoltano il nostro messaggio. Ma c’è un’altra cosa importante: quella che viene definita riprova sociale, ovvero quel fenomeno psicologico secondo il quale decidiamo ciò che è giusto in base a ciò che sembra giusto per gli altri. Questo fenomeno viene sfruttato per esempio dalle discoteche. Ti è mai capitato di metterti in coda fuori da un locale per poi entrare e trovarlo mezzo vuoto? Ecco, il fatto di avere la coda fuori dà a chi passa la sensazione che il posto sia esclusivo e che la gente è disposta ad aspettare pur di entrare.

I like fanno lo stesso identico gioco, ed è per questo che moltissimi acquistano i follower (no, non farlo! In un altro articolo ti spiegherò perché scappare da questa pratica). Avere 50 mila fan su Instagram dà la sensazione a chi arriva sul tuo profilo che sei più bravo rispetto a chi ne ha 300. Anche se non ci sono prove a sostegno di questa teoria.

La crescita sui social è da perseguire nell’ottica di ampliamento del nostro pubblico, così come l’aumento degli iscritti alla newsletter e le visite al sito web.

Le cose che contano davvero

Andando alla ricerca continua di like, però, non dobbiamo perdere di vista quello che davvero conta: le conversioni, i clienti, i bonifici, i dindini. Facciamo un esempio: se una persona che si occupa di problemi sessuali di coppia sbarca su Instagram, credi davvero che, per quanto bravo, coinvolgente e con la migliore strategia di comunicazione possibile riesca a raccogliere centinaia di commenti di persone che raccontano dei loro problemi a letto? Io credo di no. In questo caso interessa che le persone poi fissino una consulenza, che convertano, che diventino clienti. È più probabile quindi che si palesino nei messaggi privati.

Con questo post, quindi, dove voglio andare a parare? Semplice: i numeri delle conversioni sono più importanti (ma centinaia di volte più importanti) del numero dei follower, dei mi piace, dei cuoricini.

Vuoi analizzare i numeri della tua comunicazione? Ho creato per te un file che puoi scaricare a questo link per iniziare ora a tener traccia delle tue azioni e sulle conversioni. Fallo subito, è gratis!

Tutti possono fare i social cosi

Tutti possono fare i social cosi

Le piattaforme si evolvono per diventare sempre più intuitive e di facile utilizzo per chi non è esperto del settore. Si parte da Canva che ormai è davvero alla portata di tutti e che permette anche a chi non ha idea di cosa siano Photoshop, InDesign e Illustrator di creare immagini per i social, locandine e biglietti da visita, passando per i siti come Wix che aiutano nella creazione di siti web per arrivare a Facebook che tramite il Creator Studio, l’integratore del Pixel e i sempre nuovi aggiornamenti del pannello del Business Manager. Questi sono tutti siti e strumenti che permettono a chiunque di barcamenarsi nel mondo del web, della grafica e del social media marketing.

Chiunque può diventare social media manager

Classiche ormai sono le scene dove il “cugino” di turno bravo con il computer viene incaricato di portare avanti pagine social o di creare siti web. I risultati poi sono chiaramente discutibili e il risparmio economico nel dare il lavoro a qualcuno che lo fa gratis, o quasi, non copre il costo di chiedere l’aiuto di un professionista per rimediare agli errori. Immaginiamo il caso in cui l’azienda in questione è un ristorante. Sulla sua pagina Facebook viene pubblicata una fotografia di un taglio di carne per annunciare un nuovo piatto e sotto quel post iniziano ad arrivare commenti negativi da parte di persone vegetariane, vegano o comunque sensibili all’argomento. Un professionista sa esattamente come gestire il momento di crisi cercando di renderlo, per quanto possibile, un punto a favore dell’azienda. Una persona che pubblica tanto per fare, potrebbe non sapere cosa fare in questa situazione finendo per cancellare i commenti o ignorando le persone che scrivono. L’effetto sarebbe un boomerang e potrebbe portare a un impatto negativo online ma anche offline per il malcapitato ristorante.

Con le nuove piattaforme sempre più user friendly ci troviamo davanti alla fine della carriera dei social media manager? No. Riuscire in autonomia a creare, pubblicare o programmare un post non significa per forza essere in grado di fare tutto quello che c’è dietro. Il lavoro del social media manager non è solo quello di pubblicare qualcosa su Facebook o Instagram. Dietro ogni post c’è una strategia, un testo con un tono specifico, un target da colpire, degli obiettivi da portare a casa, senza contare poi tutta la fase di analisi dei dati e dei risultati e la revisione della strategia.

Certo, per chi ha pochissimo budget a disposizione e non si può permettere un professionista che si dedichi sono a lui e alla sua attività queste piattaforme aiutano e non poco. Permettono a tutti, con un minimo di informazione e voglia di sperimentare, di arrivare a vedere qualche risultato. Diverso è il discorso quando si vuole che questi canali diventino una vera e propria fonte di crescita e guadagno per il nostro business.

Siamo tutti professionisti?

No. I professionisti sono persone che si sono formate, hanno studiato, hanno esperienza e si fanno pagare per mettere in pratica le proprie conoscenze e metterle a disposizione del cliente. A nessuno verrebbe in mente di dirsi professionista parrucchiere perché si fa la tinta a casa. Ogni professione ha anni di studio alle spalle, e anche se gli strumenti diventano di più facile utilizzo, non significa che chiunque può sostituirsi a chi quel lavoro lo fa tutti i giorni e investe sulla propria crescita professionale.

Sperimenta, leggi, informati e sfrutta i siti che ti permettono di iniziare a lavorare sulla tua comunicazione online. Se non puoi (o non vuoi) affidarti ad un social media manager investi nella tua formazione in modo da poter rendere i tuoi canali utili al tuo business, non solo una vetrina dalla filosofia “ma sì, metto su qualcosa giusto perché su Internet ci devo essere”. Se, invece, vuoi un preventivo per la tua attività puoi contattarmi oppure leggere il mio articolo quanto costa un social media manager per farti un’idea di quello che può chiedere un professionista per la tua comunicazione social.

Se hai trovato l’articolo interessante non esitare a condividere su Facebook questo blog post o inviarlo agli amici che hanno dei dubbi su che cos’è il social media manager. 

Smetti di perdere tempo in fiera

Smetti di perdere tempo in fiera

Le fiere di settore sono il momento migliore per le aziende, grandi o piccole che siano, per fare rete, ovvero instaurare dei rapporti con altre aziende (il B2B – business to business) che possano portare a nuove occasioni di business. Possiamo anche approcciare i potenziali clienti (quindi il B2C – business to customer), ma per farlo dobbiamo mostrare delle proposte convincenti e farlo in modo accattivante. Questi eventi esistono da sempre e oggi possiamo renderli ancora più efficaci e uno strumento per la crescita della nostra azienda grazie al digitale.

Obiettivi di una fiera di settore

Abbiamo un’azienda e vogliamo partecipare a una fiera di settore. Quali sono gli obiettivi che dobbiamo perseguire?

  • Farci conoscere: la brand awareness
  • Dimostrare rilevanza e autorevolezza: la brand reputation
  • Generare contatti: la lead generation 

Il primo obiettivo a cui dovremmo puntare quando decidiamo di partecipare a una fiera è quello di farci conoscere, ma non solo da chi viene a visitare l’evento ma anche dalle aziende presenti con il proprio stand. Questo è importante da una parte per avere la possibilità di farci conoscere dai nostri potenziali clienti (che se sono venuti a visitare la fiera molto probabilmente sono interessati al nostro prodotto), ma anche per creare connessioni con altre aziende con le quali possiamo poi instaurare collaborazioni o, se le due aziende sono complementari, creare nuove possibilità di business.

Il secondo obiettivo è quello di dimostrare alle persone che sono in fiera che siamo competenti, che sappiamo quello che facciamo, che ci mettiamo passione e attenzione e far passare i valori aziendali che ci rendono diversi dai nostri competitor.

Terzo obiettivo, ma forse il più importante, è la lead generation ovvero la generazione di nuovi contatti. Questo è davvero ciò di cui andare a caccia quando partecipiamo a una fiera di settore. Spesso queste manifestazioni non sono il momento dell’acquisto, ma quello in cui studiare il prodotto che vogliamo acquistare e cercare un’azienda “degna” della nostra fiducia (e dei nostri soldi). Per il cliente è il momento dello studio e dell’analisi delle diverse proposte. Ed è qui che lo dobbiamo intercettare e farci lasciare un contatto dal quale potremo poi farlo entrare nel nostro funnel di vendita.

A che cosa può servire il digitale in una fiera offline?

Con digitale non intendo solo Internet, ma tutte quelle applicazioni tecnologiche che hanno a che fare con il mondo digitale come per esempio esperienze di realtà aumentata. Di tutto questo non ci occuperemo qui, ma ci concentreremo sulla parte di comunicazione e di come questa può essere sfruttata prima, durante e dopo una fiera.

Prima della fiera

Il nostro obiettivo deve essere quello di portare le persone nel nostro stand per far toccare con mano i prodotti, conoscere l’azienda e chi ci lavora, poter parlare con un addetto alla vendita e pensare all’acquisto del nostro prodotto. Tutte le nostre azioni di digital marketing devono quindi volgere in questa direzione. Il sito aziendale deve avere una sezione o dei blog post dedicati all’intervento in fiera e a che cosa potranno trovare i visitatori. Sui social dobbiamo diffondere la notizia che ci saremo e con quali novità. A tutto questo possiamo aggiungere degli sconti o delle offerte dedicate solo a chi passerà e acquisterà direttamente in fiera e farle avere ai nostri utenti tramite i nostri profili social ma anche attraverso la newsletter.

Durante la fiera

Durante la manifestazione dobbiamo raccontare l’evento dal nostra punto di vista e invitare chi è passato da noi a fare lo stesso. Creiamo un hashtag per coinvolgere gli ospiti e per riuscire a monitorare il materiale creato da loro e perché no, utilizzarlo come contenuto per i nostri profili social (per esempio potremmo decidere di racchiudere tutte le fotografie con il nostro hashtag in un album di Facebook o condividere le stories di Instagram dove siamo taggati e creare poi una sezione in evidenza). Portiamo in fiera, oltre a un’esposizione dei nostri prodotti, anche qualcosa che i visitatori possano toccare con mano, organizziamo dei laboratori o anche solo un angolo dove potersi scattare una fotografia con i nostri loghi e i nostri prodotti. Cerchiamo di coinvolgere chi deciderà di dedicarci un momento: evitiamo di mettere nel nostro stand qualcuno che non abbia voglia di parlare con le persone per raccontare il nostro prodotto e la nostra azienda. Non c’è niente di più triste che vedere gli stand con persone al cellulare che cercano di ammazzare il tempo invece di tentare di mostrarti che cosa ha da offrire. Soprattutto nei giorni dell’evento cerchiamo di raccogliere più contatti possibile. Non basta lasciare a chi passa un pieghevole esplicativo (che 99 su 100 finirà nell’immondizia senza essere nemmeno sfogliato), ma dobbiamo andare alla ricerca di una mail, di un numero di telefono con il quale potremo poi approcciarlo.

Dopo la fiera

Dopo l’evento dobbiamo raccontare a tutti com’è stato, postando foto e video sui profili aziendali, ringraziando coloro che sono passati anche solo a salutare e facendo un resoconto delle giornate passate in fiera. Il materiale prodotto potrà essere utilizzato in svariati modi anche settimane post evento attraverso il sito e blog post che raccontino l’esperienza e che trasmettano a chi non c’era che cosa si è perso.

Se abbiamo fatto bene i compiti a questo punto dovremmo avere degli indirizzi mail lasciati da coloro che sono interessati alle nostre proposte: è il momento di rendere quei contatti dei clienti. Creiamo una lista speciale alla quale inviare delle mail e del materiale facendoli entrare nel traffico delle nostre newsletter così da iniziare il percorso che porterà alla vendita. 

Il vero ritorno economico di una fiera: i contatti

I contatti dei potenziali clienti sono l’unica cosa che dovremmo cercare di portare a casa durante una fiera di settore. A meno di vendere oggetti dal basso valore economico, non possiamo pensare di chiudere dei contratti durante questi eventi. Prendiamo l’esempio di Maison&Loisir, la fiera dell’abitare che si svolge ogni anno ad Aosta quest’anno alla sua nona edizione. Tra le tante aziende presenti ci sono anche produttori di cucine. Coloro che visitano questa fiera, oltre ai curiosi, sono persone che stanno pensando di costruire o rinnovare la propria casa. Molto difficilmente usciranno da lì avendo acquistato una cucina; più probabile è che si siano fatti un’idea di quello che può interessarli e che abbiano preso un appuntamento o lasciato un contatto direttamente all’azienda. Ora, finita la fiera, l’azienda di cucine ha acquisto una certa quantità di indirizzi mail che potrebbe decidere di inserire in una mailing list pensata per coloro che sono alla ricerca di una cucina nuova. Sarà quindi possibile inviare materiale informativo sulle proposte, ma anche informazioni utili come le misure che servono per farsi fare un preventivo, come scegliere la giusta cucina in base alle proprie esigenze, le novità tecnologiche e tanto altro. Chiaro, non tutti i contatti che avrà accumulato saranno una vendita sicura, però le persone hanno lasciato una chiave che se saranno bravi riuscirà ad aprire la porta giusta.

Come sfruttare i contatti? Il modo migliore è la newsletter. Questo strumento ci permette di entrare direttamente nella casella di posta dei nostri potenziali clienti e lasciar loro dei messaggi. Questi messaggi però non dovrebbero essere solo promozionali, ma, come abbiamo visto nel caso dell’azienda di cucine a Maison&Loisir, anche utili e che abbiano un effettivo valore. Non vogliamo che le nostre email vengano prese come spam, ma anzi, vogliamo che si crei una community interessata ai nostri prodotti e servizi e che usufruisca dei nostri contenuti.

Partecipare alle fiere ha un costo, spesso molto alto, e dobbiamo cercare di sfruttare al meglio l’occasione di avere una vetrina su una strada preferenziale, ovvero quella percorsa da persone potenzialmente interessate. Non si tratta di gettare un amo in mezzo al mare sperando di portare a casa qualcosa, ma anzi dobbiamo essere noi a sfruttare ogni mezzo per creare le occasioni.

Vuoi sapere come fare per rendere le fiere di settore alle quali parteciperai davvero efficaci? Contattami e fissiamo un’ora di consulenza. Insieme troveremo il modo per far sì che chi passerà davanti al tuo stand possa diventare un cliente.

 

Non guardare quello che fanno gli altri (però un pochino sì)

Non guardare quello che fanno gli altri (però un pochino sì)

Inutile negarlo, spesso e volentieri tendiamo a guardare quello che fa il nostro vicino (nel caso della nostra azienda il nostro competitor) e troppo spesso ci facciamo prendere dalla foga e se lui fa qualcosa la dobbiamo fare a tutti i costi anche noi. A volte però la rincorsa per cercare di stare al passo con gli altri ci porta solo a frustrazione, non ci lascia il tempo di pensare a cosa davvero ci serve e soprattutto ci porta fuori dalla strada verso il raggiungimento dei nostri obiettivi.

Scegli gli obiettivi, traccia la strada e seguila

La prima cosa da fare quando vogliamo lanciarci nella comunicazione online è dedicare del tempo alla scelta dei nostri obiettivi: perché siamo online? Cosa vogliamo farne del traffico al sito? Che cosa e come vogliamo raccontare la nostra attività? Quali sono i nostri obiettivi di business? Sono domande che troppo spesso non ci fermiamo a fare e così rischiamo di investire tempo e denaro in azioni che alla fine non ci portano da nessuna parte.

I nostri obiettivi possono essere accrescere la notorietà del nostro brand, avere più iscritti alla newsletter, aumentare le vendite o altro ancora. Una volta deciso l’obiettivo dobbiamo disegnare la strada da percorre per arrivarci. Prendiamo come esempio la nostra volontà di aumentare gli iscritti alla newsletter e di volerlo fare tramite Facebook. Iniziamo quindi diverse campagne di raccolte contatto, mandiamo mail di alto valore ai nostri iscritti, magari regaliamo anche un 10% di sconto sul primo acquisto per chi si iscrivere così da incentivare gli utenti a lasciarci la loro mail. Tutto procedere per il verso giusto, i numeri aumentano e aumentano anche le vendite.

Improvvisamente ci rendiamo conto che il nostro competitor ha quasi abbandonato Facebook, pare abbia puntato tutto su Instagram e a noi viene la voglia irrefrenabile di seguire la stessa strada per cercare di portargli via i clienti che sono su quella piattaforma. Abbandoniamo così la strada che avevamo tracciato e il nostro obiettivo si allontana sempre più. Perché? Perché su Instagram abbiamo iniziato da zero, lui ci lavorava già da un po’, non abbiamo seguito quella piattaforma e mettiamoci anche che il nostro target non è lì ma su Facebook, dove eravamo prima.

Il valore aggiunto

Non adeguiamoci al tono di voce che hanno i competitor e al loro stile di comunicazione. Il rischio è quello di non farsi riconoscere e di confondersi con gli altri. La nostra azienda ha di sicuro qualcosa che gli altri non hanno: puntiamo su quello e facciamone il nostro punto di forza (e no, essere leader di settore non vale!).

Proviamo con degli esempi. Abbiamo un B&B in Valle d’Aosta ricavato da una vecchia struttura e ne abbiamo mantenuto gli elementi architettonici che la caratterizzano. In più abbiamo deciso di dare un nome ad ogni stanza e di raccontarne la storia fortemente legata alla tradizione valdostana e a preparare le crostate della colazione c’è nonna Luisa. Il nostro competitor diretto è un altro B&B che non ha legami forti con il territorio, le stanze sono tutte uguali e ha i prezzi più competitivi dei nostri. Qui abbiamo un valore aggiunto che non ha prezzo. Puntiamo tutto sullo storytelling: raccontiamo delle storie alle persone, facciamole innamorare dell’aria genuina e autentica che si respira. Questo è quello che ci differenzia ed è quello che poi ci farà scegliere rispetto ai nostri competitor (a prescindere dal fatto che il nostro B&B costa di più).

Copiare dai competitor: no, però…

Non copiamo gli altri: come detto prima ci renderà omologati al resto. Non dobbiamo guardare agli altri, cercare di andare nella loro stessa direzione e mettere in campo le stesse azioni, però non possiamo nemmeno lavorare senza guardare quello che ci circonda. Osservare, capire perché una cosa funziona, quello che ci piace e quello che non ci piace può aiutarci a trovare il nostro modo di parlare e di comunicare e ci può dare stimoli a fare meglio o mostrarci cose che non avevamo preso in considerazione. 

Lasciarsi ispirare è lecito, copiare no. L’ispirazione poi può arrivare da qualsiasi ambito, non per forza da realtà come la nostra. Magari un food blogger può darci l’ispirazione per comunicare in modo più diretto con i nostri utenti anche se noi non ci occupiamo di ristorazione. Un’azienda di sapone può affascinarci con il racconto degli ingredienti a km0 e che fanno bene all’ambiente e darci l’idea per fare lo stesso nella nostra attività di catering a domicilio.

La competizione su Internet si fa sempre più accesa. Gli strumenti che il web mette a disposizione delle aziende sono molto più abbordabili rispetto al modo più tradizione di farsi pubblicità (spazi su quotidiani, radio o tv), ma non sono gratis. Inoltre abbiamo la community che ha un forte valore e che dobbiamo saper utilizzare.

Impara ad ascoltare

Prima di prendere in considerazione l’idea di cambiare la strada che abbiamo deciso di intraprendere per arrivare ai nostri obiettivi, ascoltiamo gli utenti. Cerchiamo di capire dove si muovono, che cosa fanno su Internet, in quali luoghi cercano i prodotti o servizi che offriamo e cerchiamo di intercettarli lì. Se il nostro competitor si è lanciato su Instagram, ha senso che lo facciamo anche noi? Magari con un’analisi accurata del mezzo ci rendiamo conto che sì, i nostri potenziali clienti sono lì perché è su Instagram che cercano ispirazione per come arredare la cucina e noi abbiamo i prodotti che rispondono a quella domanda. Ma non limitiamoci a questo. Instagram per professionisti che vendono servizi può essere il mezzo per parlare alle persone e mostrare il proprio lavoro, incuriosire o creare la domanda per cui noi siamo specializzati a rispondere.

In conclusione, non facciamoci accecare da quello che fa il nostro vicino, anche se l’erba del suo giardino sembra più verde. Concentriamoci sulle bellissime rose rosse che tutti si fermano ad ammirare. Allo stesso tempo però facciamo caso a quel fertilizzante che sta usando: potrebbe tornare utile anche ai nostri fiori.

L’utilità di un sito web

L’utilità di un sito web

Senza dubbio oggi Internet pullula di spazi dove mostrare la nostra azienda: Facebook, Instagram, TripAdvisor… abbiamo solo l’imbarazzo della scelta. Ma che cosa cambia tra l’essere su una piattaforma di qualcun altro e avere un sito web di proprietà? E ha ancora senso costruire un sito Internet professionale?

Perchè è importante avere un sito web

Il sito Internet di un’azienda, sia essa un ristorante, un hotel, una falegnameria, è il biglietto da visita che lasciamo ai naviganti nonché potenziali clienti. Qui possiamo esprimere tutta l’essenza del nostro brand senza nessun limite. Ogni pixel è personalizzabile: dal layout ai colori, dai caratteri ai testi, dalle fotografie ai video. Capiamo bene perchè un sito web ben fatto può fare la differenza su come ci presentiamo alle persone.

Un sito è di proprietà di chi ha acquistato lo spazio web. Quel pezzetto su Internet è nostro e non ci sarà più solo se saremo noi a deciderlo (o se non pagheremo il rinnovo di hosting e dominio!).

È la nostra vetrina sul mondo. Chiunque con una connessione dati può accedere al nostro sito ed essere quindi un nostro potenziale cliente. Internet non ha limiti, se non il budget investito in pubblicità. È inoltre utile per farsi trovare su Google da chi fa ricerche per le parole chiave per cui ti posizioni.

Con il sito si possono fare azioni di remarketing. Ci avete mai fatto caso? Quando entriamo su Amazon e facciamo ricerca di un prodotto ce lo ritroveremo riproposto in tutti i siti che navigheremo successivamente. Quella è un’azione di remarketing, detta anche “so che hai visto il mio prodotto, vero che lo vuoi eh? Lo sappiamo entrambi che lo vuoi”. Facciamo un esempio più abbordabile del colosso dell’e-commerce: cerchiamo un hotel a Roma ed entriamo su un paio di siti per dare un’occhiata alle camere, magari facciamo anche una simulazione di prenotazione. Se su quel sito è impostato il Pixel di Facebook ci ritroveremo pubblicità di quella struttura che abbiamo visto o di qualche offerta sulla città che vogliamo visitare.

È un modo per mostrare e far conoscere i prodotti. Quante volte abbiamo trovato qualcosa di interessante su un social o in qualche pubblicità e abbiamo cercato l’azienda su Internet per vedere chi è e cosa offre?

Con un sito possiamo gestire il nostro e-commerce senza dover cedere percentuali del ricavato a piattaforme che ospitano i nostri prodotti e senza intermediari. Per hotel e ristoranti il corrispondente dell’e-commerce è il booking engine, ovvero il sistema di prenotazione online. Tramite il booking engine l’utente può prenotare direttamente sul sito o anche solo fare una simulazione per vedere se c’è disponibilità e quanto gli costa il soggiorno nella nostra struttura per le date desiderate.

Il blog. Spesso è uno strumento che viene sottovalutato ma che ha una grandissima forza. Il nostro sito può ospitare una sezione blog che possiamo dedicare alle news sulla nostra azienda, possiamo spiegare come utilizzare i nostri prodotti, possiamo raccontare ai naviganti qualcosa che li convinca a fidarsi di noi e ci dà credibilità. Oltre ad offrire contenuti utili ci aiuta anche nel posizionamento sui motori di ricerca.

I social sono sostituti del sito?

Nì, i social non sono un sostituto di un sito web e hanno due funzioni diverse. Con un profilo social non siamo liberi di muoverci come vogliamo e saremo sempre a casa di qualcun altro che potrebbe decidere di cambiare le regole o anche di chiudere. Le regole per le sponsorizzazione su Facebook, per esempio, sono molto rigide e se l’inserzione non rispetta le linee guida non verrà pubblicata. La stessa cosa succede sui post in organica: se l’immagine ha un dettaglio che non piace alla piattaforma, quel post verrà segnalata e automaticamente rimosso.

Sui social costruiamo la nostra community, possiamo dedicare offerte esclusive ai nostri fan, possiamo capire meglio il nostro target, sono utili per iniziare una conversazione con gli utenti e capire che cosa piace loro dei nostri prodotti e quali sono le criticità. Non possiamo vendere direttamente. Per esempio Facebook ha la sezione vetrina, ma al momento è possibile sono esporre i nostri prodotti ma non effettuare pagamenti; ci verrà sempre chiesto di mandare il nostro cliente su una pagina esterna (un sito) dove concludere l’acquisto.

Possiamo paragonare il sito alla nostra casa virtuale, mentre i social sono il bar dove incontriamo gli amici, dove conosciamo gente nuova. E ricordiamo che i social non sono gratis. Aprire un profilo lo è, utilizzarlo per scopi commerciali prevede degli investimenti in termini di budget, di tempo e di creazione dei contenuti.

Creare un sito web gratis

Tantissimi sono i servizi che ci permettono di creare un sito web gratis in poche mosse; ci danno l’illusione di essere estremamente personalizzabili e di avere tutto ciò di cui abbiamo bisogno per stare su Internet. In realtà non è così. Siti come Wix mettono a disposizione centinaia di template, ma non sono personalizzabili, non possiamo quindi in nessun modo andare a modificare i codici del sito. Questo ci limita dal momento in cui vogliamo aggiungere funzioni come la newsletter, i bottoni di condivizione social o il Pixel di Facebook.

Siti come Wix sono estremamente limitanti e soprattutto non permettono di spostare il sito su altri hosting. Se per qualsiasi motivo volessi spostare il sito da Wix a altra piattaforma non potremo farlo. Non è possibile infatti fare il backup del sito o in qualche modo scaricarne i contenuti. Si renderà necessaria creare un proprio sito da zero, perdendo tutto il lavoro che è già stato fatto e l’eventualmente posizionamento su Google.

Interessato ad aprire il tuo sito Internet ma non sai da dove partire? Hai dei profili social che non sai come sfruttare per la tua azienda? Contattami e fammi conoscere il tuo progetto; lo faremo crescere insieme.